Alzare lo sguardo, senza paura

Giovanni Paolo II
di Costanza Miriano

La buona notizia è che anche Karol Wojtyla era sempre in ritardo. Ho qualcosa in comune con un grandissimo santo (fosse pure un difetto, è già una bellezza).

Me lo ha raccontato ieri Stanislaw Grygiel, il professore del Pontificio istituto per la famiglia Giovanni Paolo II, che è stato l’amico stimato di una vita, e prima un suo giovane dottorando, quando facevano i seminari nei boschi, e il professor Wojtyla senza farsi troppo notare divideva immediatamente il suo panino se si accorgeva che qualcuno “si era dimenticato” di portarlo (erano tempi duri, i coffee break erano a volte a base di acqua e acqua).

Quando Grygiel si sposò, Karol andava spesso a cena da loro, ma era sempre in ritardo (evvai!). Una sera trovò i bambini addormentati, provò a sedersi a mangiare ma proprio non ce la faceva a resistere senza salutare i due piccoli, così dopo un po’ si alzò, andò nella loro cameretta, li svegliò (violando una delle leggi fondamentali della genitorialità: squadra che vince non si cambia, ovvero mai svegliare un bambino che dorme) e si mise a fare a cuscinate con loro. Finita la battaglia li salutò, li rimise a letto e finalmente poté cenare.

Era questa la pastorale di Giovanni Paolo II: vivere con le persone, stare con loro, per il puro piacere di farlo e per capire di cosa avessero bisogno. Fu così, stando con gli universitari, che si innamorò del loro modo “primordiale” (dice così, il prof Grygiel) e appassionato di amarsi gli uni con gli altri. Capì che nella bellezza del corpo del maschio e della femmina si nasconde il segreto di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza maschio e femmina. La Genesi non dice “intelligenti, dotati di coscienza, di volontà”. No, non dice nulla di tutto questo. Dice proprio maschio e femmina. Qui c’è il segreto di Dio. Fu su questo che cominciò a dirigere buona parte dei suoi studi di teologo morale, e produsse poi tra le altre cose meravigliose catechesi dal 1979 al 1984, e la Familiaris consortio, la Lettera alle famiglie, la Mulieris dignitatem, la Lettera alle donne, e molto altro.

Lui per primo ha detto chiaramente agli uomini e alle donne che il matrimonio non è una vocazione di serie B, ma è uno dei modi per arrivare a Dio, e che è una meravigliosa, faticosissima esaltante avventura. Lui per primo ha capito che era necessario educare i cuori degli uomini a questa avventura dell’amore: lui, profondo conoscitore del cuore umano ma anche della tradizione, ha saputo produrre una visione incredibilmente armoniosa dell’amore umano come ricchezza per arrivare a Dio. Lui invece che preoccuparsi della decadenza dei costumi, delle famiglie distrutte, dei divorzi, ha saputo farci alzare lo sguardo, puntare a una bellezza più grande, a non avere paura, ad adottare per le nostre vite una misura alta. Ha spiegato all’uomo che l’amore non è solo emozione ma scelta, decisione, giudizio. Nell’epoca del love is love (erano gli anni ’70, non dimentichiamo, è Obama che è vintage) ha preso le redini di una Chiesa che è passata al contrattacco, ha infiammato i cuori, ha aperto l’unica strada possibile alla felicità del cuore umano.

Fra poco più di un mese la Chiesa lo proclama santo, e sono certa che sarà anche l’occasione per rileggere il suo magistero, per aiutare di nuovo la Chiesa a non avere paura, a spalancare le porte a Cristo. A indicare la strada a questi spaventati uomini del terzo millennio.

tratto dal blog di Costanza Miriano
email

Nessun commento... Lascia per primo una risposta!