Family Day: Circo minimo

Family Day DScusate, signori miei, spiegatemi bene.

Aspettavate di vedere se si riempiva il Circo Massimo? Bene, è stato riempito. Fino all’orlo, e io lo so perché ero sull’orlo. Ne aspettavate di più? Io francamente no. Anche perché non ci sarebbero stati. Mi dicono che già così ne sono rimasti fuori un sacco. Quando sono entrato io, verso mezzogiorno, mancavano due ore ma era già praticamente pieno, dopo ci si è accicciati un po’ di più. Io ho provato a contare, ma è difficile con così tante teste. So solo che nelle code ai cessi chimici c’era più gente che alla svegliaitalia della settimana scorsa.

Ripeto, volevate più gente? All’arrivo a Stazione Termini siamo stati accolti da un nugolo di fotografi che manco le rockstar. Un tizio con una reflex esagerata e la faccia di furetto ci ha chiesto “E i bambini? Dove sono i bambini?” Avrei voluto dire: ma sai quanto costa un viaggio andata e ritorno da Torino? Se la famiglia, quella vera, fosse un poco favorita, magari ce lo saremmo potuti anche permettere di venire tutti. Ma non se voglio fare le vacanze, comprare un regalo, mangiare. Ci sono qui io, in rappresentanza di tutti.

Ed ecco il secondo punto. Alle manifestazioni in generale uno conta uno. Stavolta per ognuno di quelli che sono venuti ce ne sono tre, quattro, dieci che sono rimasti a casa. Me lo hanno detto, volevamo venire, ma non ci riusciamo. Perché non è che tutti, in una settimana, riescono a sganciarsi. A noi il viaggio non lo pagano i sindacati, o il partito. Eravamo “solo” trecentomila? Cinquecentomila? Allora eravamo realmente uno, due, cinque milioni. Uominidonnebambini. Gioiosi. Lieti. Lietamente arrabbiati, ma di quell’arrabiatura che non è cattiva, di quella che ti fa dire, bene, facciamo qualcosa. Persino quel gruppetto vestito di nero e capelli un po’ corti, che quando erano entrati avevano volti tesi che facevano un po’ timore. Li ho rivisti verso la fine, ce n’era uno che sembrava un armadio a due ante, braccia tatuate grosse come le mie cosce, che agitava una bandiera con una faccia da bambino, e non faceva più paura. E mi dicevo, guarda cosa ci vuole per battere la violenza e far battere il cuore. Un po’ di piccoli, un po’ di gioia, parole vere.

Per cui non si è mandato nessuno al’inferno, o affan, come in altre piazze. Nessuno, nemmeno chi ci vuole male, e a leggere i giornali sono tanti. Tanti che minimizzano, o cercano di far dire altro a chi ha parlato. Signori miei, noi c’eravamo, e se scrivete cose false la conseguenza sarà che non vi crederemo più. Credere ha la stessa radice di credito. Non si darà più credito a chi ha dimostrato di non meritarlo. Chi sono coloro che ci stanno aiutando e coloro che ci oscurano, come dice Gandolfini nel video completo, qui sotto, al minuto 1:58:30 circa. Perché noi c’eravamo.

C’eravamo. Siamo venuti, avvisati all’ultimo, di tasca nostra, senza un partito, un sindacato, un’organizzazione, un movimento, una Chiesa che ci abbia sponsorizzato. Tantissimi. Più di quanti potesse contenerne quel Circo Massimo che ora, solo per noi, minimizzate.
Vi dico, meglio il nostro Circo Massimo del vostro circo minimo di pagliacci, prestigiatori e funamboli scadenti. Siete pochi, siete scalcagnati. Avete sponsor potenti, e i soldi e il potere possono molto, è vero. Ma le bugie non durano, specie quelle che si vivono.

Quella di sabato non è stata una bugia. E’ stata giornata molto bella. Non è troppo tardi per lasciare il vostro circo e unirsi al nostro, senza più fingere. Ritrovare la gioia.

tratto dal blog Berlicche
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