Quasi fosse qui accanto

Letteradi Marina Corradi

Mi succede ancora di alzare il telefono per raccontargli qualcosa: compongo il prefisso e solo allora mi ricordo, e riattacco. Oppure leggendo un libro mi dico: devo parlarne a Luca, e poi in una frazione di secondo la memoria si riaffaccia.

Lui è morto da quasi tre mesi. Ciò che ne resta è in un colombario di un cimitero, dove io non andrò, perché mi rifiuto di credere che, veramente, mio fratello sia lì.

Ma dove, allora? Il silenzio di chi ha passato quella frontiera mi raggela. E scopro, oltre al dolore, come un sentirmi io stessa amputata. Credo di aver capito che quando una persona cara muore vengono a mancare, insieme a lei, i ricordi che quella persona aveva di noi. Mio fratello, di dieci anni più grande, mi aveva vista nascere. Poche vecchie foto hanno colto degli istanti di quel nostro tempo insieme, che io non posso ricordare. Con Luca, la memoria di quel nostro tempo infantile se ne è andata: come interi files su un pc, cancellati. (Si è d’improvviso più vecchi, quando nessuno si ricorda più di te, da bambino).

Tuttavia, cos’è in certe mattine, mentre cammino per strada oppure scrivo, questo sentirmi mio fratello vicino, tanto che mi verrebbe da dirgli “ciao”, quasi fosse qui accanto? Come oggi, in studio; quando il gatto che sonnecchiava sulla scrivania ha spalancato gli occhi, fissando un punto oltre le mie spalle.

Io non mi sono voltata. Lo so, che non si può vedervi, voi di oltrefrontiera. Però, ho sorriso – come a una impercettibile carezza.

tratto dalla rivista Tempi
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